RECENSIONE SUL LAVORO DELLA MOSTRA

Il lavoro fotografico di Monica Benedettini si presenta alla nostra percezione come un labirinto: corridoi, angoli, camminamenti, composti di immagini molto colorate. Qua e là, frasi scritte che parlano di storie di persone. I protagonisti di queste storie sono tre drag queen, figure che l'autrice racconta nella loro complessa identità che, come dice, si colloca "molto più vicina al mondo dello spettacolo che non a quello del sesso". Il racconto di Monica non ha il tono dell'eccezionalità nè della stranezza, ha invece il sapore della quotidianità: volti, corpi, espressioni, abiti, oggetti descrivono percorsi umani, mostrano atteggiamenti di attenzione, cura, impegno. Assistiamo a una trasformazione, in termini estetici ed esistenziali, molto forte, che dà vita a colori, materie, forme particolari, anche spettacolari e straordinarie rispetto alla quotidianità: eppure il racconto è soprattutto un racconto che riguarda la vita, e non l'apparenza. La fotografia si rivela così, ancora una volta, uno strumento di tipo esperienziale, che dà modo, certamente, di comporre figure e rappresentare situazioni, ma costituisce soprattutto una forma privilegiata di contatto con la realtà e, in un certo modo, di conoscenza. Il labirinto, pattern finale molto importante che schematizza e offre allo sguardo dell'osservatore il racconto, rappresenta l'elemento finale che indica l'intensità e l'articolazione del'esperienza che Monica ha vissuto nel vivere, insieme alle tre drag queen incontrate nella sua vita di persona e di fotografa.